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Agnès
Varda nostra contemporanea
Non mi sono
mai posta la domanda se sono legittimata a fare ciò che sto facendo.
Non ho alcuna laurea, solo il diploma di liceo. Ho seguito all'università, come
libero uditore, dei corsi di Gaston Bachelard ed ho assistito all'ultima
conferenza di Antonin Artaud. Ho imparato disordinatamente attraverso la
griglia dello sguardo dei surrealisti e degli astrattisti, dei “rischia-tutto”
come Picasso, Magritte e Prévert. Dopo la guerra, alla fine degli anni '40, la
poesia e l'arte erano molto importanti, lo erano per tutti.
Non ci si
domanda se si ha il diritto di creare. Da quando ho fatto le prime riprese del
mio primo film, mi sono sentita cineasta.
Ecco ciò che profondamente credo: dal
momento in cui si scrive poesia, si è poeti.
Come non
innamorarsi di questa dichiarazione di libertà?
Libera dai
bagagli accademici, dalle sudditanze professionali, dal diritto o meno di
creare, Agnès Varda si fa scuola da sé, per scrivere di sé e del suo mondo.
Ecco ciò che la rende così forte e risoluta.
Agnès Varda “mette alla prova” l'arte e
la vita.
Mette alla prova i suoi personaggi, li espone
alla possibilità che accada qualcosa.
Si mette alla prova, tramite le sue femmes, sempre più frequentemente,
film dopo film. Recitando se stessa e rivolgendosi allo spettatore, lo
interpella, attiva la possibilità di dialogo, rinunciando all'apparente
invisibilità del regista, ponendosi, infine, davanti alla macchina da presa.
Mette alla prova lo spettatore infrangendo le regole della messinscena, del
racconto classico.
“ Dal mio primo film, ho sperimentato un linguaggio originale che non ha
niente a che vedere, per esempio, con quello dell'adattamento letterario”.
La sua originalità sta nell'aver sempre cercato di proporre
punti di vista dichiaratamente personali, autoriali e non ideologici,
caratterizzati da una costante curiosità verso nuove possibilità linguistiche e
da un approccio anticonformista, a volte spiazzante, verso le vicende trattate.
Il cinema di Agnès Varda ha spesso avuto la donna, il mondo
visto da una donna, al centro delle sue rappresentazioni e delle sue
riflessioni.
Cléo è la prima “eroina” di Agnès Varda che rompe con le convenzioni e
che, dal “dovere”, passa al “volere”. Cléo, afferma la regista, è una marcia femminista, è il
ritratto di una donna che si definiva dallo sguardo altrui, ma che, dal momento in cui comincia a guardare, cambia, si evolve.
Al contrario, Monà, la protagonista di Sans toit
ni loi, abbandona il mondo della definizione, del lavoro e delle relazioni
sicure. Le persone che incontra tentano di darle un contenitore e un contenuto,
ma la sua estraneità la porta in mondo desolato, sempre più lontano dalla
possibilità di un dialogo.
In Le Bonheur, un film costituito da un'ampia tavolozza di colori, Varda
pone due donne, Émilie e Thérèse, in due diverse stagioni della
vita di François. Lui le ama entrambe e dà voce alla possibile
estensione degli affetti.
Pomme e Suzanne, di L'une chante et l'autre pas,
attraversano il mondo partecipando alla sua trasformazione: vivendo un
inesauribile scambio di sguardi e di vedute, immaginando nuovi legami da
proporre ai loro uomini.
Émilie, in Documenteur, è una
donna in attesa, che guarda il mondo a lei divenuto estraneo. Esiliata, tenta
attraverso i gesti e gli accadimenti, di ritrovarsi e di ridarsi un posto.
Jane B. e Agnès V. sono
l'una di fronte all'altra, si studiano e si provano. La regista invita
l'attrice a protendersi, con ruoli inusuali, verso territori a lei sconosciuti,
approfittando delle sue avventure per puntualizzare la sua visione dell'arte,
dell'amore, dell'amicizia.
Dotate di un'inequivocabile personalità, le femmes
d'Agnès esibiscono la loro natura senza mascherarla, la affermano sia con
gesti intimi che con dichiarazioni manifeste. Per loro, Agnès Varda non inventa
mondi, guarda i mondi possibili che la abitano e ci trasporta in essi
attraverso la forza della sua scrittura, del suo metodo. Ogni film, proprio per
questo, è permeato da un elemento dominante, sia esso l'estraneità, la
complicità, la fedeltà o la separazione, che è trattato in modo specifico,
unico, per poter manifestare la propria verità.
Per questo il suo cinema ed il suo punto di
vista ci sembrano sempre più necessari.
Lydia De Martin e
Walter Dal Cin
Agnès
Varda de 0 a 30 ans
Agnès Varda
nasce Arlette Varda a Ixelles (Belgio) nel 1928.
Al diciottesimo
compleanno cambia il nome in Agnès.
Nel 1948 debutta come fotografo di scena al Festival d’Avignone, per il TNP (
Théâtre National Populaire), diretto da Jean Vilar.
Nel 1954 scrive e dirige La Pointe Courte, il suo primo film, senza il consenso
preliminare della CNC (Centre National de Cinématographie), che otterrà solo
dieci anni dopo, qualificandola come regista professionista.
Per produrre e realizzare in piena autonomia il suo primo lungometraggio, crea
la cooperativa Film Tamaris.
Nel 1958 incontra il regista Jacques Demy (suo futuro marito), col quale
avvierà un proficuo legame affettivo e artistico.
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