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A Cinemazero Romano Milani, del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici, ha consegnatola Menzione speciale ai Nastri d'Argento a Gianni Minà
Un Gianni Minà commosso per la massiccia presenza di
pubblico, che lo attendeva dalle prime ore di questa domenica mattina, ha
presentato il suo documentario Cuba nell’epoca di Obama oggi a Cinemazero dichiarandosi: “un
rompiballe, ma amo dire la verità: c’è una guerra fredda tra Occidente e
America Latina”. Ha continuato il suo intervento rigraziando il pubblico, da
cui si è alzata una voce: “È per gratitudine verso il suo lavoro che abbiamo
fatto la fila!”.
Accolto da Riccardo Costantini di Cinemazero e da Marco Rossitti, direttore artistico de Le
Voci dell’Inchiesta – promotori dell’incontro in collaborazione con pordenonelegge.it – che ha descritto tutte
le trasmissioni, i premi, le opere di una vita dedicata all’informazione e alla
contro-informazione, che gli hanno causato l’esilio da “mamma Rai”. Sono
seguite le parole di stima e riconoscenza di Romano Milani, del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici,
arrivato per consegnare la menzione
speciale ai Nastri d’Argento conquistato da Minà “per l’instancabile lavoro
di indagine e inchieste che ha portato avanti in tutta la sua carriera
professionale, riconfermata dal suo ultimo lavoro Cuba nell’epoca di Obama”. Accorata e dettagliata la panoramica che
Gianni Minà ha poi fatto sull’America Latina, alla base di questo lavoro. “Le
sentite tutte queste cose in televisione o nei giornali? È per questo che ho
deciso di fare questo viaggio e di raccontare un Paese che si può criticare per
molte cose, ma non senza prima raccontare dei 70.000 medici formati
nell’Università di L’Avana e mandati nei Paesi del Terzo Mondo a curare chi non
ha mai saputo dell’esistenza di un medico; della scuola di Cinema cubana che ha
come professore del corso di sceneggiatura il Premio Nobel Gabriel Garcia
Marquez o della scuola di danza di Alicia Alonso che ha superato per importanza quella di San Pietroburgo. Per non essere
tacciato di “militanza” ho voluto partire dai fatti, arrivando a Guantanamo
dove tuttora vengono torturati i prigionieri accusati di essere coinvolti
nell’11 settembre”. Un lavoro fatto prima che il fisico non lo permettesse più,
perché convinto che in un momento di difficoltà economica come questa i consumi
culturali siano i primi ad essere tagliati, e che quindi sia necessario
produrne con alta qualità e serietà nella narrazione dei fatti.
Ha descritto la Guerra Fredda di cui
nessuno parla e che gli Stati Uniti stanno portando avanti per bloccare il
rinascimento che l’America Latina vive proprio nel momento di crisi
dell’Occidente e del Nord del Mondo, raccontata anche nelle pagine della sua
rivista Latinoamerica, che l’ha tenuto sveglio fino alle 7 del mattino. Un
lavoro scomodo come ha sempre fatto, orgoglioso di averlo fatto per la
sistematica pulsione ad allontanare quei professionisti che della scomodità
hanno fatto la cifra caratteristica del proprio mestiere.
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