martedì 19 giugno - Incontro con l'autore

Antonio Morabito, regista

Alle ore 21.00, martedì 19 giugno, in SalaPasolini, Antonio Morabito, regista di Non son l’uno per cento incontrerà il pubblico di Cinemazero per presentare il suo interessante lavoro.

Non son l’uno per cento è ambientato a Carrara, la città del marmo, ma anche la culla dell'anarchismo internazionale. Con un lavoro sul posto durato due anni, Antonio Morabito ha girato un documentario che ripercorre la storia di un mondo poco conosciuto, di cui spesso si parla in modo distorto o non si parla affatto. Un editore, un professore universitario, uno scultore, uno storico e un tipografo discutono di Anarchia, della F.A.I. (Federazione Anarchica Italiana), partendo dal 1894 e attraversando la rivoluzione spagnola del '36, la lotta partigiana e la fine della seconda guerra mondiale, per arrivare quindi ad affrontare i temi del presente: i movimenti no-global e new-global, il lavoro precario, la guerra e l'ambiente. Alternando le interviste a numerose immagini d'epoca, frutto di un'attenta ricerca storica, il film si interroga infine sulla relazione tra anarchia e violenza, tra anarchia e società, tra anarchia e utopia. Carrara, dalla fine dell'ottocento, è la principale culla dell'anarchismo italiano.
L'autore procede a balzi storici, servendosi anche delle canzoni di Brassens, Les Anarchistes, Fabrizio De Andrè, C.S.I., Ferrè (il verso di una sua canzone dà il nome al documentario), inserendo materiale d'archivio e spezzoni tratti da film di Bresson, Pasolini, Monicelli, Allen. La pellicola illumina da vicino, una realtà di cui generalmente tutt'al più si parla a sproposito.

Nella cittadina toscana è nato anche Antonio Morabito, cresciuto però a Massa e mai interessatosi di questa peculiarità. Diplomatosi in regia, egli ha realizzato cortometraggi ed ora è regista di programmi televisivi e documentari. Nel corso del tempo, "mi sono reso conto - dice - che buona parte della letteratura che amavo era scritta da autori che avevano un comune denominatore: fondamentalmente erano anarchici". Morabito ha deciso allora di conoscere da vicino i suoi concittadini libertari e farne una ricerca filmata. Di fronte ai loro primi rifiuti diffidenti non s'è perso d'animo, cominciando a frequentarli, a seguirne riunioni e manifestazioni per più di un anno. Instauratosi infine un rapporto di fiducia, nei successivi due anni ha effettuato da solo le riprese - imperniate su conversazioni con sei studiosi e militanti - accumulando una quarantina d'ore di girato. La sintesi sono 75' in cui i protagonisti si sono riconosciuti, tanto da presentarla nella loro centrale e storica sede, il Germinal (ex casa del fascio, assegnata alla FAI dal CLN dopo la sconfitta del regime mussoliniano).

Dichiarazioni del regista:
Sono nato a Carrara e ho vissuto a Massa fino a ventidue anni. Città molto vicine e molto diverse, a Massa arrivava solo un’eco confusa delle voci anarchiche di Carrara. O forse ero io, confuso, senza ancora una vera consapevolezza politica, che mi lasciavo appena incuriosire dagli ‘Anarchici’, senza vederli, senza cercarli, senza volerne sapere di più.
Molto più tardi mi sono reso conto che la maggior parte della letteratura che amavo era scritta da autori che avevano un comune denominatore: fondamentalmente erano anarchici.
Ho deciso di andarli a conoscere, gli anarchici di Carrara.
La prima volta che ho varcato la soglia della tipografia ho trovato un omone con baffi e bretelle seduto ad un tavolo di vetro, illuminato dal basso. Mi ha chiesto subito cosa volessi, gliel’ho detto, ha scambiato qualche occhiata complice col ragazzo accanto a lui e seccamente ha rifiutato, spiegandomi quanto fosse prevenuto su lavori del genere. Ho insistito, cercando solidarietà nello sguardo di quel ragazzo più giovane e non facendo altro che ottenere un rifiuto sempre più irremovibile. È così che ho conosciuto Alfonso Nicolazzi e Donato Landini.
Ho cominciato comunque a frequentarli, ad andare alle manifestazioni con loro, alle riunioni. All’inizio ero a malapena tollerato ma mi chiedevo come avrebbero potuto non essere diffidenti date le frequenti strumentalizzazioni che soprattutto negli ultimi anni si fanno degli anarchici. Poi , dopo più di un anno, ho realizzato che il muro era crollato, che erano delle persone eccezionali, che avevano rifiutato di essere ripresi da ben più autorevoli nomi, e che stavano dando fiducia a me. Dovevo assolutamente fare un film dove loro si sarebbero riconosciuti, dove non si fossero sentiti manipolati.
In qualsiasi operazione di sintesi l’alterazione dei contenuti di partenza è quasi inevitabile. È per questo che non ho voluto montare da solo il documentario, ormai troppo coinvolto sarei sicuramente caduto in un’involontaria manipolazione dei concetti originari.
Stefano De Santis si è ritrovato un ‘girato’ di circa quaranta ore, da portare ad un ‘montato’ di massimo un’ora e mezza. Sicuramente non ho
mai avuto una sintonia del genere con nessun montatore. Credo che in tutti i settantasette minuti non ci sia una sola alterazione tematica del girato. Gli anarchici protagonisti del documentario – purtroppo Alfonso è recentemente scomparso - si sono totalmente riconosciuti nel film e lo hanno voluto presentare nella loro sede storica di Carrara, il Germinal.
Ho girato da solo, senza una troupe, con una telecamera digitale e un buon microfono montato in asse sulla macchina. Rean Mazzone è stato l’unico produttore, tra quelli con cui ho parlato, ad essere veramente interessato all’argomento e a capire che questo lavoro andava fatto così, senza sceneggiature di partenza da presentare e fare approvare, senza troupe e soprattutto senza fretta. Le riprese sono state dilatate nell’arco di un paio d’anni.
Un ringraziamento particolare va ad Andrea Venuto e Donato Landini, che si sono occupati della grafica, della promozione e della realizzazione di un dvd sottotitolato in quattro lingue e che a breve sarà disponibile.
Questo film è dedicato ad Alfonso Nicolazzi. (Antonio Morabito)

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