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Il cinema del futuro o il futuro del cinema

Il cinema del futuro o il futuro del cinema

 

Per il cinema d’essai un inizio anno sfavillante di grandi e imperdibili film

   
 
Sulla spinosa questione de il cinema del futuro o il futuro del cinema, Roberto Pugliese, sulle pagine del Gazzettino, ha scritto, lucidamente, che di fronte al proliferare di «multiplex, megaplex, galattiplex e quant'altroplex» «la risorsa che rimane da coltivare, per quanto possa apparire soccombente dinanzi al Golia del mercato globale, è il Davide del “piccolo” pubblico, quello cosiddetto di “nicchia”, o d'essai, o di qualità e via miniaturizzando. Ovvero la difesa, coltivata e accanita, di un'affezione minoritaria ma costante, e magari crescente, al prodotto “pensato”, di spessore e, vogliamo dirla la parola grossa? “alternativo”.» Cinemazero ha, da sempre, lavorato per il piccolo pubblico di nicchia, che a Pordenone non è poi così piccolo e non è mai mancato, anzi è cresciuto e si è consolidato negli anni. La sala piena per un film di Sokurov o per la versione integrale di Salò di Pasolini è una soddisfazione che vale cento galattiplex. E proprio a questa nicchia “minoritaria ma costante” ancora una volta ci rivolgiamo con il programma di gennaio 2006, ricco come non mai di ottimi film e sorprese. Fra le anteprime l’ultimo film di Stephen Friars (autore di opere come Liam, The Van, Le relazioni pericolose, My Beautiful Laundrette) Lady Henderson Presenta, ovvero la storia di una vedova che dà il suo teatro in gestione a un formidabile Bob Hoskins in odore di nomination all’Oscar. O Lady vendetta, definito a Venezia dalla critica “capolavoro senza rimpianti, più di Mr. Vendetta e Old Boy, dove si scatena l'immensa capacità registica del coreano Park Chan Wook”. Ci sarà poi Terrence Malick, eccentrico, poliedrico, una leggenda vivente con soltanto tre film in trent'anni di carriera: La rabbia giovane (1973), I giorni del cielo (1978), La sottile linea rossa (1998). Mito della regia, enigmatico ed emblematico, si esprime caratterizzandosi per un auto-isolamento senza compromessi. Il cinema di Malick non somiglia a quello di nessun altro collega e lo riconferma con The New World, protagonista la star irlandese del momento Colin Farrell. Da non perdere poi Mary di Abel Ferrara che firma un'opera affascinante e sempre interessante, soprattutto quando, fa affiorare dall'inconscio sensazioni e atmosfere, impercettibili incastri di cinismi e catarsi. Ritorna anche Woody Allen, un maestro capace di rimescolare le carte e iniziare con Match Point una partita tutta nuova, aiutato in questo da una formidabile Scarlett Johansson e da una raffica di «punch lines» (le battute a effetto sicuro che sono la specialità di Woody). Arriva poi l’attesissimo Leone d’Oro di Venezia I segreti di Brokeback Mountain dove il taiwanese Ang Lee spezza un tabù del western e smonta definitivamente la mitologia del cowboy macho; i personaggi sono forti, intensi, veri e si sente la mano del grande sceneggiatore Larry McMurtry. Per ragioni di spazio ci fermiano nelle citazioni a L’arco di Kim Ki Duk, che è anche, metaforicamente, strumento d'armonia, difesa e anche d'offesa (sessuale). Il film è una mina poetica con una carica energetica notevole. Insomma un gennaio filmico come non se ne vedeva da tempo. Le date di inizio mese sono un po’ bloccate dagli andamenti natalizi. Ma dal 13 tutto dovrebbe filare liscio compresa l’incursione nelle pratiche “basse” (del cinema) con l'alfiere del piacere, il maestro dell'erotismo - che lui considera una specie di "deragliatore ideologico" nei confronti della cultura ufficiale - insomma un provocatore navigato di nome Tinto Brass. L’augurio per il 2006? Che il buon cinema sia con noi!

Andrea Crozzoli
   
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