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Documentario, durata 79 min. - Italia, Francia 2014
Alla stazione ferroviaria di Roma Termini diversi senzatetto si mantengono sul filo della sopravvivenza: Antonio, caduto in malattia, povertà e solitudine dopo un divorzio traumatico. Stefano, una dipendenza da metadone, divorziato, con figli, oggi in una relazione omosessuale, vorrebbe togliersi dalla strada. Gianluca, attento al decoro e alla spiritualità, nonostante i trascorsi criminali. E poi un clochard dall'accento misterioso, che parla di un passato di sangue nella legione straniera, origini nobili e una madre violenta.
La macchina da presa ne registra sfoghi e confessioni, ne segue il peregrinare quotidiano tra elemosine e la ricerca di mantenere una dignità, una dimensione umana, nonostante l'alienazione, anche sonora, del luogo. Non c'è una vera e propria linea narrativa, né una traccia di sceneggiatura, né giudizio: l'unico criterio è l'intimità del filmmaker con i soggetti ripresi, che gli permettono di accedere anche a situazioni di forte degradazione. Il principio è filmare tutto, anche ciò che può urtare: per non dare una spiegazione o una direzione alle storie, ma per scendere il più possibile nel dettaglio, stabilire, tramite la prossimità, una compenetrazione quasi fisica, olfattiva con persone "invisibili" da cui generalmente tutti ci teniamo lontani. Una produzione senza permessi né troupe, che sfrutta la luce esistente e il set frenetico e spersonalizzato di Termini, giorno e notte.
Un set che si caratterizza per un flusso continuo e grigio di persone e l'invasività dei messaggi pubblicitari; la macchina da presa è meno interessata a mappare la stazione e più agli individui che la abitano, anche all'esterno, come il barbiere che lavora in strada. O come Antonio, che fa da cornice alla storia, e su cui il regista interviene, determinando una svolta che forse aprirà a una nuova vita. Non ci sono risposte, in Roma Termini, solo l'evidenza di esseri umani alla deriva, che si espongono senza pudori all'obbiettivo perché non hanno più molto da perdere.
Si avverte per loro l'empatia di Pampaloni, una fascinazione quasi alla Fassbinder, l'intenzione di dare loro parola, spazio, di manifestarsi per ciò che sono. Ben altro dall'inchiesta sociologica sulle motivazioni della "povertà di ritorno", Roma Termini è documento lucido - di aspro lirismo, a tratti al confine del voyeurismo - di chi è consapevole della propria caduta e della facilità del cadere. Come per Stefano, la cui richiesta finale di 50 centesimi, sguardo in macchina, suona molto diversa, dopo una visione come questa, che non risparmia niente: un "buco" nel parco e dentro alla cappella della stazione, una confessione registrata all'insaputa del sacerdote, il rifiuto di un pasto gratuito, un confronto sul modo meno doloroso di suicidarsi, la sopraffazione di Hendrix (Angelo Scarpa, a cui il film è dedicato) su uno Stefano innamorato e confuso. Un esordio dall'effetto potente. Aspettiamo con curiosità altri lavori di quest'autore classe 1982.
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