Per scrivere una recensione non ci sono regole...

A scuola di scrivere di cinema con gli Appunti critici di Nepoti, Pugliese e Gervasini

Nei due anni in cui ho preso a seguire il concorso Scrivere di Cinema di critici ne ho incontrati davvero tanti e prima o dopo sono sempre finita a porre loro la stessa domanda: come si scrive una buona recensione? Per lo più ho ricevuto silenzi, a volte sorrisi (Mereghetti), altre volte battute secche (Pugliese: “Un buon inizio? Boh”), altre ancora una domanda diretta per contro (Emanuela Martini: “E che ne so io? Vengono e basta”). Non sono mai riuscita a trovare in tutti loro un aspetto comune che svelasse il segreto di una buona scrittura critica: la passione per il cinema, certo, è la condizione di base ma non basta. C’è qualcosa in più, la capacità della sintesi di Mereghetti (poche frasi dritte al punto), la messa in discussione e l’intuito per il dettaglio della Martini, l’ironia sottile e pungente di Pezzotta, la dote squisitamente retorica di Canova, tanto per citarne qualcuno. È una questione di stile. In fondo, scrivere una recensione è come suonare del jazz - mi sono detta. C’è un sacco di gente che ascolta jazz eppure poco più della metà lo capisce davvero e appena una terzo, forse, lo sa suonare. Eppure. La maggior parte della gente sa fiutare una buona critica anche se magari in vita sua non ne ha mai scritta una. Quello del critico è un mestiere che si fa vocazione, tanto per parafrasare Serge Daney, che, una volta presa a cuore la direzione dei Cahiers du cinema, ha ben presto definito il critico “traghettatore” tra l’opera e lo spettatore. Di qui l’eterno dilemma: il critico è colui che semplicemente rende noto qualcosa che nel film c’è già o è colui che ne ricava un senso nuovo? Il critico è a servizio dell’opera filmica o è questa a essere la tela su cui si muove per elaborare una nuova opera, la recensione appunto? I puristi troveranno che la seconda ipotesi sia di fatto un’offesa “parassitaria” allo sforzo del regista, eppure nel leggere alcune recensioni di Truffaut si percepisce come quella sia una scrittura creativa che però sussiste solo in funzione del film che l’ha preceduta. In fondo è proprio con i giovani turchi, primo fra tutti il regista de I 400 colpi, autore di celeberrimi attacchi in punta di penna all’allora cinema perbenista francese, che la critica scritta diventa arte e insieme strumento di militanza - contro il cinema di sceneggiatura, oggi diremmo “d’industria” - e di scoperta - prima di loro Hitchcock era solo un regista da botteghino -. E senza scomodare i capisaldi della critica cinematografica date una letta alla recensione che ha vinto l’ultima edizione di Scrivere di cinema (chi l’ha persa nel numero di novembre del CinemazeroNotizie la può trovare nel sito www.cinemazero.it): Le conseguenze dell’amore è un film straordinario e senza mai dirlo esplicitamente Flavia Piccinni ce ne fa rendere conto, tant’è che se uno il film non l’ha ancora visto non può mancarlo nuovamente. Scrittura che rimanda al film, film che rimanda di nuovo alla scrittura. Come provvedere allora a questo vuoto di formazione? Come si faceva un tempo con le arti che prima di tutto erano artigianato: andando a bottega. Non esistono regole per una buona recensione ma esistono coloro che la sanno scrivere e poterli seguire sperimentando il loro modo di porsi di fronte ad un film e in seguito al foglio bianco è senza dubbio uno dei metodi più antichi e insieme profondi di imparare un mestiere. Appunti critici è nato lo scorso anno con questa convinzione e viene riproposto ora per il mese di marzo. Altri tre importanti critici che hanno accettato la sfida di confrontarsi ciascuno con un film che hanno particolarmente amato: ci saranno Roberto Nepoti, critico di punta de La Repubblica, con una lezione su La sottile linea rossa di Terrene Malick, Roberto Pugliese, caporedattore della cultura del Gazzettino, che rileggerà uno dei capolavori più intriganti del maestro Kubrick, Lolita; infine, come l’anno scorso, a chiudere un critico giovane eppure già affermato, ovvero Mauro Gervasini, redattore di Film tv, che abbiamo già conosciuto alla presentazione del suo Il cinema poliziesco francese lo scorso novembre a Pordenone e che stavolta ha deciso di “giocare in casa” con un cult del cinema americano degli anni ottanta, Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis. Non resta che preparare lo sguardo e iscriversi. Info: mediateca@cinemazero.it oppure 0434.520945

(di Elisabetta Pieretto)

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